Passa il tempo, mi guardo intorno e mi accorgo con accresciuta consapevolezza che il tessuto sociale che mi veste, che dovrebbe ripararmi dal freddo e dalle insidie della vita, ? sempre pi? corrotto, affetto da un male non guaribile, devastante, che lo attacca in profondit?, fino a raggiungere i mitocondri. Lo noto non dagli avvenimenti eclatanti, quelli che fanno notizia, che riempiono le pagine dei giornali e danno fama ai personaggi coinvolti, ma dalle piccole cose, che nessuno sapr? mai se non vivendole personalmente.
In una citt? malata come Napoli neppure il volontariato riesce a scalfire la crosta che lede e poi ricopre i tessuti e una partita di pallone, per una squadra che lotta, che annaspa, che cerca invano di tornare agli antichi splendori (ma forse ? stata luce riflessa anche quel bagliore di un tempo) diventa solo un pretesto per agire all’impazzata contro chiunque indossi una divisa, nonostante si stia l? solo per stringere e dare calore ad una mano bisognosa di aiuto. Allo Stadio San Paolo piovono insulti sulle ragazze della Croce Rossa, con fare invasivo e minaccioso si violano gli spazi riservati ai soccorritori e, per festeggiare una vittoria ambita e magari meritata, viene attaccato uno dei mezzi, lacerando con maligna convinzione due gomme e infrangendo i vetri dei finestrini. E mi sono chiesto a chi avrebbero chiesto aiuto quei balordi nel caso in cui il loro cuore malsano avesse smesso di battere. Oppure se il loro sangue lurido, annerito dall’ignoranza e dai fumi della stupidit?, avesse deciso di scorrere fuori da vene e arterie.
La sportivit?, insieme a tutti gli altri ideali, resta viva solo nel cuore di un Sognatore, di un Curioso, di un Cercatore. E, fuori dalla nostra bolla di sapone, solo la lordura, che neppure Mastro Lindo saprebbe sciogliere.
dr. Luigi Civita
(Volontario del Soccorso della Croce Rossa Italiana)