di Oliviero Beha, pubblicato su l'Unità del 15 agostoDa qualche giorno “Repubblica” ha indetto sul web un sondaggio abbastanza seguito sul calcio alle Olimpiadi. Lo volete, non lo volete? Fino alla mattina di due giorni fa i “no” erano superiori non di molto. Poi è arrivata la contemporanea del turno calcistico di Giovinco, Montolivo e c. contro il Camerun ma già qualificati,e della sfortunata semifinale del fiorettista Salvatore Sanzo, all’indomani della debacle da “isola dei fumosi” di Aldo Montano nella sciabola.
Bastava vedere lo spettacolo modestissimo, da 0-0 in tutti i sensi, ascoltare il commento del duo di Piadena che si scusava quasi per non sapere che dire di fronte a cotanta modestia e disimpegno, e poi nella finestrella di Rai Due cogliere in pedana gli affondi di Sanzo,successivamente bronzo,e il calore con cui il telecronista deputato ce li rendeva. Il confronto era del tutto imbarazzante, ma per il calcio e chi lo seguiva, e a favore di uno sport olimpico per eccellenza, come del resto sono l’atletica e il nuoto, quale è la scherma. Bisognerebbe conservare quelle immagini, la sequenza di tutto calcio sul monoscopio, poi finestrella sul fioretto, poi brevissimamente tutto il monoscopio sulla pedana, infine la pedana e un riquadrino schifosino sul pallone, sul quarto d’ora finale commoventemente biscottato senza bisogno di accordi. Il contrario delle Olimpiadi, che a maggior ragione ormai chiamo Pecuniadi, ovvero i Giochi del denaro che non puzza, oppure etimologicamente delle “pecore” che vanno a brucare dove dice il pastore/padrone. Ecco, forse del sondaggio di cui sopra non dovrebbe esserci più bisogno. Forse riuscire a far capire che calcio e Olimpiadi sono altra cosa, non confondibili né sommabili, è la lezione interna più evidente di queste Olimpiadi. Quella esterna agli impianti passa per Pechino e la Cina e il Tibet, e i diritti umani e civili conculcati.