Il Diavolo fa le pentole e non i coperchi, famoso detto che Barbara Berlusconi, fresca di notturni e specifici studi, fa risalire a Niccolò Tommaseo. Comunque sia, è esattamente il detto che fa per noi. E per l’attuale situazione della Juventus, gloriosa tricampeon d’Italia sotto la guida del tricofilo Antonio Conte. Non solo perché il Diavolo richiama il Milan, e sulla panchina tricolore è finito d’urgenza ambulatoriale l’ex Allegri, sbolognato dal Milan stesso della Berlusconi family. Ma soprattutto perché il gran casino nel pentolone juventino lo fa sembrare una fattispecie del Milan (quello però perdente, non era estate e non si giocava per i 3 punti…) degli ultimi due anni (tre anni fa ci fu una inopinata marcia a gambero che donò lo scudetto ai miracolati del trio Agnelli Andrea, Marotta e naturalmente Conte).
Il problema, più del pentolone ribollente, sembra proprio il rapporto del medesimo con il suo coperchio.Un rapporto davvero interessante, quasi di scuola. La Juve riemerge da Calciopoli, in cui era finita per l’uso strumentale di generale capro espiatorio del trio Moggi-Giraudo-Bettega (due titani e un nano) da parte degli eredi Elkann, e dopo qualche stagione tremebonda aveva trovato nell’assai discusso Conte (come figura di parecchio interesse per la Procura federale non certamente come tecnico, un caimano di valore assoluto) il mentore per tre stagioni fenomenali in Italia, ahimé senza risucchio in Europa.
Il problema è che Conte aveva fatto non solo da Mister di treaning e di partita,ma anche da coperchio alla famosa pentola nel fondo della nessuno va d’accordo con nessuno: Andrea si considera l’erede calcistico-mediatico-politico (in senso lato) per eccellenza del notabilato famigliare, i due Elkann non gli vogliono lasciare spazio perché entrambi con Montezemolo hanno fottuto il non irreprensibile (in un pallone reprensibilissimo) Lucky Luciano e dunque non vogliono – né l’artista né il manager o sedicenti tali – aver pasticciato tutto ciò per nulla, per far sì che il palcoscenico rimanga ad Andrea. Marotta ha mediato finché ha potuto tra Agnelli e Conte, ma non è il suo mestiere, non sa farlo e pendeva fin dall’inizio e pende per l’azienda più della torre di Pisa. Conte è un fulminato dalla grazia professionale e dalla totale mancanza di autoironia a tal punto d’aver creduto di “essere semplicemente lui la Juventus” e non soprattutto un pretesto “coperchiale”.
Così il SuperMister, vinto matematicamente anche il terzo titolo consecutivo a colpi di 100 punti, avendo tatticamente le idee chiarissime si precipita a Barcellona a contattare direttamente prima dei Mondiali Alexis Sanchez, l’ex udinese “nino meravilla”, il primo indispensabile tassello per la nuova Juventus. Com’è come non è, conclude meglio e più lui di un dirigente e trovano l’accordo. Felicissimo, Conte lo comunica in società così che Marotta spedito da A.A. va a Barcellona a chiudere. Chidendo però a Sanchez uno sconto milionario. Il “nino”, già d’accordo,prima si “maravilla” e poi si incazza e a quel punto dice a Marotta che non andrà più alla Juve. Basta come esempio dell’andazzo? Oppure devo ricordare anche quello che trovate già in giro (non tutto è uno scoop de “il Fatto”, rassegnatevi…), e cioè Nedved, figura importante almeno all’apparenza carismatica che dice di Chiellini ma ora, a quasi un mese di distanza, quando davvero non serve a nulla, “sono furioso per la sua reazione dopo il morso” del vampiro Suarez, o anche dell’Agnelli Lady, Emma Winter in Twitter, che se ne esce con un “Andrea non sta sul divano a girarsi i pollici, fa del suo meglio per risolvere un problema che qualcun altro ha creato”….?
Voglio dire complessivamente ciò che non interessa il tifoso, che pensa Conte sì/Allegri no ma di solito ignora anche le briciole di ciò che davvero accade. E che accade? Sta scoppiando la pentola, il pentolone di un grande club con le sue brave contraddizioni che ha avuto bisogno di un coperchio in ferro battuto e poi lo ha fatto saltare perché non ne poteva più. Conte ha la colpa imperdonabile di aver fatto da coperchio, lasciando ossidare il suo metallo mentre nella pentola bolliva di tutto o quasi. Per carità, niente di straordinariamente inedito, come diceva quello (il Tommaseo?) “E’ il pallone, bellezza!!!”,ma certo tutto possiamo fare meno che stupirci. E’ una questione di cucina, di temperatura, di pentole, di MasterChief: chi dopo Allegri, Cracco?
P.S. Poi ci chiediamo perché facciamo sorridere in Europa e ridere ai Mondiali…
Oliviero Beha, Il Fatto Quotidiano
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