Ebbene sì, non mi fa tanto effetto la coppia mentre scrivo invotabile per la Corte Costituzionale Violante-Bruno. Non disdegno affatto la rivisitazione sul web del discorso del 2003 dell’ex magistrato ed ex presidente della Camera, quando rinfacciò con uno straordinario vigore tutto quello che “avevamo fatto (il Partito, prima Pds e poi Ds, ndr)” per Berlusconi nel ’94, garantendogli questo mondo e quell’altro, conflitto d’interessi compreso: è altamente istruttivo per capire come siamo arrivati al patto del Nazareno. Né guardo troppo per il sottile, conoscendolo abbastanza bene, alla successiva disponibilità ecumenica dello stesso Violante, in improbabile odore di candidatura al Colle, nei confronti della controparte di destra, quando ammiccando a Fini avrebbe potuto sostenere senza sorridere che in fondo “Hitler era poco più che un simpatico imbianchino austriaco”.
E vogliamo mettere in discussione la socievolezza di Donato Bruno, nei salotti romani, nei Palazzi, intorno ad essi, in tv dove ha sempre inalberato la sua “tendenza Previti”? Ma viva la faccia, due figure chiare e chiave nell’orizzonte odierno, comprensibili pedine di una scacchiera su cui giocano Renzi trimane e Berlusconi con una mano sola (a quanto pare più che sufficiente). No, quello che mi impressiona è l’assoluto disinteresse per la presentabilità e l’indipendenza dell’istituzione cui sono candidati. Un’ istituzione decisiva per i cosiddetti pesi e contrappesi della democrazia, esattamente come il Consiglio Superiore della Magistratura fa l’occhiolino a Montesquieu per la divisione dei poteri.
La dimostrazione di ciò che banalmente dico è presto data. Nel gennaio di quest’anno per la prima volta nella storia della nostra Repubblica, la Corte Costituzionale esprime un parere di incostituzionalità sulla nostra legge elettorale, l’orrendo Porcellum che invita il legislatore a “desuinizzare” (copyright di un promotore del ricorso, l’avvocato Emilio Zecca). E’ giudicata tale per tre aspetti, dopo tre elezioni fatte indebitamente con questa legge (peraltro ricopiata dalla legge della Regione Toscana, non so se rendo l’idea) nel 2006, nel 2008 e nel 2013, anche se tali elezioni sono in un’affermazione collegata della Corte “un fatto compiuto”, quindi ci teniamo senatori e deputati anche se eletti incostituzionalmente.
Per ora come sapete la riforma di tale legge elettorale “porcata” non c’è stata, pur ripetutamente annunciata anche su stentorea sollecitazione del Capo dello Stato. Anzi, Calderoli, che ne è un primo motore, è tornato buono anche per la Riforma del Senato, dunque l’allevatore leghista è stato casomai gratificato invece che penalizzato dalla sua lex suina. Ma mettiamo che il duo Violante-Bruno, emerso con i soliti criteri spartitori che hanno fatto infuriare il cittadino a 5 stelle Grillo, fosse stato nella squadra della Consulta all’epoca chiamata a giudicare della costituzionalità della legge. Con che qualità professionale e soprattutto con che tasso di autonomia e di indipendenza avrebbe potuto dare il suo voto tale duo? E’ questo aspetto che mi colpisce più di ogni altro, al di là delle persone: ovvero il fatto che l’idea di un’autonomia reale di un importantissimo organo di controllo da consultare per ogni incertezza della nostra democrazia paia remota anni luce dalla situazione attuale. Si è “ingenui” (alla lettera “nati liberi”) a porre la questione in questi termini? Eppure il premier ripete a ogni piè sospinto che vuole “cambiare verso” e lo twitta in continuazione verso il mondo intero. Gli sembra che sia un’autentica “novità” questo modo di agire (se c’è un patto con Silvio questi accordi ne sono i terminali)? Davvero ? Non è un’ulteriore spinta per la scesa (della Consulta, della democrazia, del Paese)?
Oliviero Beha, Il Fatto Quotidiano
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