pubblicato su Il Fatto Quotidiano, 4 maggio 2011 Se fossi il governo, e la maggioranza sgangherata che lo esprime, sarei molto preoccupato. Se fossi l’opposizione, divisa e straniata in tutto o quasi con in primis la sublime performance sulla guerra bombardiera in Libia, non ci dormirei. Se fossi la più alta carica dello Stato, tra una telefonata e l’altra a partiti e giornali, vedrei l’insieme come uno spauracchio invece di considerarlo (come pare facciano) uno spaventapasseri. Quale spaventapasseri? Di che cosa sto parlando? Sto parlando dei referendum del 12 e 13 giugno, di cui peraltro nulla si dice in tv e alla radio e quasi niente sui giornali, con qualche lodevole eccezione: il ragazzo della via Gluck che chiama a raccolta ovunque e comunque da qui è stata una splendida uscita.
Lo so, siamo nell’ovvio in un Paese decente, mentre diventa meno ovvio in un Paese sottosopra secondo la definizione del “rivoltoso” partigiano Giorgio Bocca. Ovvia da un lato l’insistenza civica perché si voti su questioni così importanti e delicate insieme come acqua, nucleare e legittimo impedimento, il nocciolo berlusconiano. E ovvio dall’altro il comportamento di questa maggioranza in osmosi con l’informazione di riferimento, giacchè rischia grosso su tutti e tre i quesiti, così come pure il disarmo di un’opposizione con la bussola smagnetizzata che non può né vuole capire, l’importanza di questo appuntamento. Che per quanto riempito di domande essenziali sembra essere “solo” un referendum, cioè un istituto democratico assai sputtanato negli anni. Sembra: se non lo si colloca nell’attuale momento della politica italiana, probabilmente il peggiore del dopoguerra, nel complesso di partiti molto più attenti agli affari che a qualsivoglia forma di politica valoriale, progettuale, amministrativa. E’ allucinante lo scenario tra due domeniche, il centrodestra recupera i delinquenti che portano voti con le orecchie, il centrosinistra fatica a mostrare una particella di riconoscibilità in programmi e persone ed entrambi gli schieramenti paiono sempre e soltanto “cosa loro”.Così che nel vuoto della politica di idee e ideali e nel pieno o strapieno dell’odierna politica politicante ed esercente che pensa solo ad accrescere o conservare il potere con ogni mezzo facendo strame della legalità, sempre più persone “non sanno per chi votare”. In questo contesto capita che si possano riaprire tre importanti contenitori di politica in un’idea di democrazia partecipativa assai più viva della morta gora dei soliti schieramenti. E dunque c’è forse almeno un barlume di consapevolezza da parte di chi vuol evitare il referendum che, pur così sbatacchiato, esso politicamente possa risultare attraente: da un lato per i contenuti facili da capire e immediati da percepire, dall’altro perché magari per disperazione chi non vuol proprio disertare dalla militanza elettorale schifato com’è dal minestrone adulterato, a sorpresa ricominci a frequentare le urne. Letto nella grana più grossa della comunicazione, il messaggio sarebbe alla Celentano il seguente:” Ci avete rotto tutti quanti, ci avete tolto la voglia di votare in questo vuoto spinto, ma per l’acqua, il nucleare e la giustizia vi faremo una sorpresina, troveremo il modo per dirvi che rivogliamo la politica vera in luogo di questi figuranti d’avanspettacolo”. Un bel rischio in alto e all’opposto, in strada, una chance importante per dar voce alla saturazione anche se ci togliessero il voto referendario. Che dite, stiamo con Adriano urna per urna comunque?
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